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    Napoli, 15enne morto per il sushi: fissato il processo

    Il gip del Tribunale di Napoli ha deciso di rinviare a giudizio due imputati per la morte del giovane studente Luca Piscopo, avvenuta a dicembre del 2021.
    La tragedia si è verificata dopo che il ragazzo ha pranzato in un ristorante di Sushi situato nell’area collinare di Napoli. Il titolare del negozio, Xie Jangtao, e il medico curante di famiglia, Gaetano Palma, dovranno rispondere dell’accusa di omicidio colposo.
    Il pm della Procura di Napoli– come anticipa Il mattino- ipotizza che entrambi abbiano avuto un ruolo di responsabilità nella gestione del cibo nel ristorante, presumibilmente in cattive condizioni, e nelle cure somministrate a seguito dell’intossicazione.
    Il processo inizierà il 17 maggio e entrambi gli imputati avranno l’occasione di difendere la propria condotta.
     Genitori e fratelli si costituiranno parte civile
    I genitori di Luca, Antonio Piscopo e Maria Rosaria Borrelli, rappresentati dall’avvocato penalista Marianna Borrelli, si costituiranno parte civile, mentre i fratelli di Luca saranno assistiti dagli avvocati Amedeo Bolla e Rossella Esposito. LEGGI TUTTO

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    Camorra, scagionato Raffaele Prota: non partecipò all’omicidio di Totoriello Esposito

    I pentiti lo avevano accusato di essere uno degli autori dell’omicidio di Salvatore Esposito detto Totoriello, ucciso e sciolto nell’acido il 27 settembre del 2013.A maggio scorso, grazie anche alle dichiarazioni di alcuni pentiti, la Dda di Napoli aveva fatto luce su quel Cold Case di carattese passionale ma in ambiente cdi camorra arrestando Raffaele Prota, Paolo Abbatiello, Gianfranco Leva e il boss pentitoGiuseppe Simioli ritenuto il mandante.
    Totoriello era stato ucciso perché aveva una relazione con la moglie di Giovanni Licciardi, figlio di Gennaro, detto “la scimmia”, fondatore dell’omonimo clan fondatore del gruppo di camorra più potente della Campania ovvero “Alleanza di Secondigliano”.
    Oggi il Tribunale del Riesame, sezione X, ha emesso una decisione definitiva riguardante la posizione di Raffaele Prota Raffaele, escludendo la gravità degli indizi e quindi escludendo la sua responsabilità.
    È importante notare che l’avvocato Salvatore D’Antonio, difensore di aveva precedentemente contestato davanti alla Suprema Corte di Cassazione l’utilizzabilità delle intercettazioni come materiale probatorio.
    La Suprema Corte di Cassazione ha accolto le precise argomentazioni difensive dell’avvocato Salvatore D’Antonio, dichiarando inutilizzabili nel processo le intercettazioni rilevanti per l’omicidio, e ha annullato il processo con rinvio al Tribunale del Riesame.
    Successivamente, prima della fissazione dell’udienza presso il Tribunale del Riesame, è emerso un altro collaboratore di giustizia, Giuseppe Ruggiero , il quale ha dichiarato di essere stato coinvolto nell’omicidio di Esposito Salvatore e ha accusato Raffaele Prota fornendo accuse specifiche nei suoi confronti.
    La difesa anche in questo caso ha dimostrato l’inattendibilità delle dichiarazioni di Ruggiero Giuseppe riguardo all’omicidio di Esposito Salvatore. Si sostiene che l’omicidio sia stato commesso da membri del clan Licciardi per vendicare una relazione extraconiugale tra Esposito Salvatore e la moglie di Licciardi.
    Il Tribunale del Riesame, in conformità con la difesa dell’avvocato Salvatore D’Antonio, ha non solo dichiarato inutilizzabili le intercettazioni ma ha anche respinto come inattendibili le dichiarazioni di Ruggiero Giuseppe nei confronti di Raffaele Prota.
    È importante notare che già in una precedente ordinanza, il Tribunale del Riesame aveva accolto le argomentazioni difensive riguardo all’inattendibilità delle dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia, ovvero il boss Giuseppe Simeoli.
    Di conseguenza, l’accusa contro Raffaele Prota è stata completamente smantellata ed è stata ordinata la sua immediata scarcerazione per quanto riguarda le accuse relative all’omicidio di Esposito Salvatore. LEGGI TUTTO

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    Camorra, arrestato a Casal di Principe affiliato ai Casalesi

    Questa mattina, i Carabinieri della Sezione operativa della Compagnia di Casal di Principe hanno eseguito un ordine di carcerazione emesso dalla Procura generale della Repubblica di Napoli nei confronti di un uomo di 50 anni.
    L’uomo dovrà scontare una pena di 2 anni di reclusione dopo essere stato riconosciuto colpevole di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e detenzione abusiva di armi da fuoco.
    I reati sono stati commessi tra gli anni 2000 e 2013 a Casal di Principe e comuni limitrofi, in qualità di esponente della fazione Schiavone del clan dei Casalesi.
    Dopo essere stato rintracciato nella sua abitazione, il 50enne è stato portato nel carcere di Secondigliano, a Napoli, a disposizione della competente autorità giudiziaria. LEGGI TUTTO

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    IL CASO Napoli, illeciti nella concessione di appalti: annullata misura per Sebastiano Romeo

    Il Tribunale del Riesame di Napoli ha revocato la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, emessa dal giudice per le indagini preliminari di Napoli, il gip Antonio Baldassarre, lo scorso 15 gennaio nei confronti di Sebastiano Romeo.
    Romeo è indagato per traffico di influenze nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza e dalla Procura di Napoli riguardante presunti illeciti legati alla concessione di alcuni appalti. Il giudice, secondo quanto appreso, ha ritenuto che non sussistessero le necessità di adottare misure cautelari.
    Nell’ambito delle indagini, Romeo, difeso dall’avvocato Natale Polimeni, è accusato di aver commesso il reato in forma continuata e in concorso con altri cinque indagati: Nicola Oddati, Salvatore Musella, Gianluca Flaminio e Luciano Santoro.  In particolare, a Romeo viene contestato di aver ricevuto la somma di 10mila euro al fine di favorire l’imprenditore puteolano Salvatore Musella “nell’aggiudicazione di appalti da individuare”. LEGGI TUTTO

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    Furto di 50 euro in casa della suocera, ragazza di Fondi a processo

    In un processo penale in corso innanzi al Tribunale di Latina, giudice Fabio Velardi, una 25enne di Fondi deve rispondere delle accuse di furto in abitazione e violazione di domicilio ai danni di una 48enne di Fondi, all’epoca – novembre 2019 – madre del suo fidanzato. Approfittando della fiducia riposta dalla parte offesa, la giovane, […] LEGGI TUTTO

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    Avellino, uccise la moglie soffocandola con un cuscino: pena ridotta a 14 anni in Appello

    Uccise l’anziana moglie soffocandola con un cuscino, oggi i giudici della Il sezione della Corte d’Assise d’appello di Napoli hanno ridotto la pena da 21 a 14 anni di carcere.
    L’insolito femminicidio, visto che si parla di persone molto anziane avvenne la notte del 5 maggio del 2021 ad Avellino. Lui, Gerardo Limongello aveva 85 anni e lei, Antonietta Fucuciello 83 anni.
    Limongiello venne condannato dalla Corte d’assise di Avellino in primo grado nel novembre del 2022 a 21 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato. Nel 2023 propose appello avverso la sentenza di primo grado del Tribunale di Avellino, appello che è stato discusso stamane dinanzi alla Il sezione della Corte d’Assise d’appello di Napoli.
    All’esito dì una lunga discussione della difesa dell’anziano rappresentata dall’avvocato Mario di Salvia oggi sostituito dall’avvocato Lanzano la Corte si è ritirata in camera di consiglio per la decisione accogliendo l’appello e riducendo sensibilmente la condanna comminata in primo grado da 21 a 14 anni di reclusione.
    Di contrario avviso il P.G il quale aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado a 21 anni.
    Limongello non risulta da tempo più gravato da alcuna misura cautelare a seguito della revoca di ogni restrizione pronunciata lo scorso anno dalla stessa Corte d’assise d’appello di Napoli su istanza della difesa.
    Soddisfazione è stata espressa dal legale avvocato Mario di Salvia il quale ha dichiarato: “Limongiello era reo confesso quindi non abbiamo mai osato chiedere la sua assoluzione ma una pena sensibilmente più mite cosa che avevamo invocato con un suffragio giuridico pertinente sin dal primo grado di giudizio, richiesta oggi pienamente accolta“. LEGGI TUTTO

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    Famiglia perseguitata dal vicino, divieto di avvicinamento per un 50enne di Fondi

    Gli agenti del Commissariato di Fondi hanno eseguito la misura cautelare personale del divieto di avvicinamento nei confronti di un uomo del posto, classe ’73. “Le vittime, vicini di casa trasferitisi da qualche anno in una dimora attigua a quelle del soggetto destinatario del provvedimento restrittivo, da tempo erano oggetto di minacce, atti persecutori e […] LEGGI TUTTO

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    Camorra, riciclavano i soldi dei Casalesi attraverso società di comodo: 8 arresti

    Riciclavano  i proventi illeciti del clan dei Casalesi attraverso una società di gestione e smaltimento di rifiuti formalmente intestata a un “prestanome”, ma di fatto collegata a una compagine familiare vicina agli ambienti camorristici della potente cosca di camorra.E lo facevano tramite una rete di persone fisiche e giuridiche guidate da una stessa direzione.
    E per questo che stamane  i militari del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Roma, con il supporto del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Caserta, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli, Direzione Distrettuale Antimafia.
    L’ordinanza riguarda otto persone fortemente indiziate di far parte di un’organizzazione dedita ai reati di riciclaggio di denaro, frode fiscale ed intestazione fittizia di beni, con l’aggravante di agevolare il clan dei Casalesi.
    L’operazione di oggi è il risultato di un’indagine che ha raccolto prove a carico di un gruppo di imprenditori con base organizzativa nella provincia di Caserta, i quali si dedicavano in modo sistematico alla commissione di reati tributari.
    Nonostante la precedente presenza di provvedimenti interdittivi antimafia nei confronti dell’impresa di smaltimento rifiuti, a causa dell’associazione con un esponente di spicco del clan dei Casalesi, la società ha continuato a operare attraverso una nuova compagine, mantenendo così una continuità gestionale e imprenditoriale.
    Le indagini hanno rivelato che la società avrebbe utilizzato fatture per operazioni inesistenti, generando costi fittizi e consentendo la fuoriuscita di utili aziendali attraverso un sistema di riciclaggio.
    Con ruoli ben definiti, diversi soggetti hanno eseguito movimentazioni finanziarie anomale, connesse alle fatturazioni di operazioni inesistenti emesse da società di comodo/cartiere.
    Queste movimentazioni avevano l’obiettivo di far confluire somme di denaro su conti correnti bancari e postali, successivamente trasferite anche all’estero (in Bulgaria, Regno Unito, Polonia, Germania, Belgio, Lituania) o prelevate in contanti, rendendo complessa l’identificazione della destinazione finale. Le indagini tecniche e bancarie hanno comunque permesso di rintracciare una parte significativa dei capitali di probabile provenienza illecita attraverso transazioni di denaro contante.
    In relazione a coloro che hanno diretto e organizzato l’attività criminale, è stata emessa la custodia cautelare in carcere, mentre gli altri sei indagati sono stati sottoposti agli arresti domiciliari.
    Su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, il GIP ha anche ordinato il sequestro preventivo, anche per equivalente, di disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili, per un ammontare superiore a 11 milioni di euro, comprendendo la totalità delle quote di partecipazione al capitale sociale e dei complessi aziendali di sei società coinvolte.
    @riproduziopne riservata LEGGI TUTTO

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    Violenza sessuale e atti persecutori nei confronti di una 17enne: coetaneo indagato

    Nella giornata di lunedì a Scauri di Minturno, i carabinieri della Stazione locale hanno eseguito un ordine di applicazione della misura cautelare della permanenza in casa emessa dal Tribunale per i Minorenni di Roma nei confronti di un minore classe 2007, residente a Minturno. Il 17enne è accusato dei reati di atti persecutori e violenza […] LEGGI TUTTO

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    Pozzuoli, corruzione Rione Terra: annullata ordinanza per l’ex direttore Enit

    Il Tribunale del Riesame di Napoli (XII Sezione penale) ha revocato l’ordinanza e la correlata misura cautelare (obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) emesse nei confronti dell’ex direttore esecutivo dell’Enit, Giovanni Bastianelli.
    Tale provvedimento riguardava una presunta ipotesi di turbativa d’asta relativa a una concessione alberghiera nel Comune di Pozzuoli, in particolare nel Rione Terra.
    Gli avvocati Domenico Ciruzzi e Valerio Esposito, che rappresentano l’ex manager pubblico, hanno espresso “grande soddisfazione” in merito alla decisione del Tribunale del Riesame.
    I due legali hanno dichiarato che il Tribunale ha reso giustizia, annullando un’ordinanza cautelare che, come hanno fermamente evidenziato durante l’udienza di riesame, non rispettava i requisiti previsti dalla legge e colpiva ingiustificatamente un onesto e stimato dirigente pubblico. LEGGI TUTTO

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    Camorra, Faida del Principino: ergastolo al boss Paolo Di Lauro. Tutte le condanne

    Quella che è passata alla storia criminale di Napoli come la Faida del Principino ha conosciuto ieri il suo epilogo processuale con una serie di condanne al ribasso nel processo di primo grado.Si tratta della sanguinosa scia di sangue lasciata sulle strade di Scampia, Secondigliano e dintorni nel conflitto di camorra tra i clan Di Lauro e Licciardi negli anni ’90.
    La pena più elevata, l’ergastolo, è stata inflitta al boss Paolo Di Lauro, alias ciruzzo o’ milionario e al sicario Raffaele Perfetto, che hanno scelto di non collaborare con la giustizia.
    Trent’anni a testa sono stati invece inflitti a Guido Abbinante e Raffaele Abbinante, che hanno sempre negato le accuse.
    Per gli altri imputati le pene sono state decisamente più soft, soprattutto considerando la consistenza delle accuse:
    Giuseppe Lo Russo e Gennaro Trambarulo hanno rimediato 20 anni grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche;Rito Calzone ha rimediato 18 anni e 8 mesi grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche;
    Maurizio Prestieri, Ettore Sabatino e Antonio Leonardi hanno incassato 18 anni, 16 anni e 14 anni. I tre pentiti hanno ammesso le proprie responsabilità, confessando il proprio coinvolgimento nella Faida del Principino.
    La scia di sangue passata alla storia come la “faida del Principino” inizia a metà anni ’90 in seguito al delitto di Vincenzo Esposito, alias “il principino”, rampollo dei Licciardi assassinato dopo una rissa in discoteca con alcuni affiliati al clan Di Lauro.
    Antonio Prestieri era così imputato per il tentato omicidio di Carmine Brancaccio, avvenuto alla Masseria Cardone il 17 marzo 1997.
    Paolo Di Lauro, Antonio Leonardi e Gennaro Russo devono rispondere dell’omicidio di Pasquale Benderi “Peugeot”, affiliato ai Di Lauro, assassinato a Melito il 25 marzo 1997.
    Di Lauro, Sabatino e Raffaele Amato (poi stralciato) sono indagati per l’omicidio di Ciro Cianciulli, che voleva passare coi Licciardi, ucciso il 3 aprile 1997.
    Di Lauro, Lo Russo, Leonardi, Maurizio Prestieri e Trambarulo sono stati imputati per gli omicidi di Francesco Fusco e Armando Esposito, avvenuta il 7 aprile 1997.
    Gli altri delitti contestati sono quelli di Eduardo Cianciulli, Giuseppe Balestrieri, Gennaro Romano, Raffaele Ruggiero e il tentato omicidio di Antonio Ruggiero “Tonino sette botte”, Renato Tramontano e Umberto Zovasco, conosciuto come il “polacco”.
    I colpi di scena del processo
    Nell’udienza celebrata a dicembre scorso- come ricorda Il Roma- non sono mancati alcuni importanti colpi di scena: Giuseppe Lo Russo, Gennaro Trambarulo e Rito Calzone avevano infatti deciso di ammettere le proprie responsabilità, confessando il proprio coinvolgimento nella “faida del Principino”.
    Diametralmente opposta la linea processuale di “Ciruzzo ‘o milionario”, Raffaele Abbinante, Guido Abbinante e Raffaele Perfetto, che hanno invece deciso di non confessare alcunché. Mossa che a Di Lauro è costata l’ergastolo.
    Le condanne al ribasso, soprattutto per i capiclan, hanno suscitato le proteste delle parti civili, che hanno annunciato ricorso in appello. LEGGI TUTTO