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    Clan Amato Pagano: 160 anni di carcere. Tutte le condanne

    Condanne complessive a oltre 160 anni di carcere ai ventiquattro imputati del clan Amato Pagano arrestati nel blitz del 2021.
    L’indagine, culminata nel blitz del 2021, aveva confermato Marco Liguori come emergente capo del clan Amato-Pagano. Tra gli arrestati figurava anche Antonio Papa, ex presidente dell’Aicast, sospettato di partecipare direttamente alle attività criminali del clan facilitando i rapporti con commercianti e imprenditori.
    La sede dell’Aicast ospitava le riunioni del clan e gli incontri con le vittime delle estorsioni. Nel marzo 2020, Papa aveva richiesto l’intervento di una task force delle forze dell’ordine, dichiarando preoccupazione per i numerosi furti che stavano colpendo i negozi in una Melito semi deserta a causa dei contagi.
    L’indagine -come anticipato da Il Roma in edicola oggi-aveva rivelato l’esistenza di una forma innovativa di estorsione, affiancata da quella tradizionale con l’imposizione di tre rate annuali e l’acquisto obbligatorio di gadget natalizi. Gli inquirenti stimavano che circa 500 individui fossero vittime del clan.
    Il clan Amato-Pagano è tornato a crescere grazie a un sistema criminale che ha coinvolto uomini in divisa, imprenditori e rappresentanti dei commercianti.
    Il processo di secondo grado si è concluso ieri sera con la sentenza della Corte d’appello di Napoli.
    Ecco le condanne pronunciate:
    Massimiliano Aricò: 2 anni e 8 mesiSebastiano Aruta: 6 anni e 8 mesiRosario Balido: 3 anni e 4 mesiSalvatore Chiariello: 7 anni e 4 mesiClaudio Cristiano: 5 anni e 8 mesiLuciano De Luca: 4 anni e 5 mesiDomenico De Mase: 6 anni e 8 mesiRaffaele De Pancis: 7 anni e 7 mesiDomenico Di Girolamo: conferma di 6 anniMaria De Luca: conferma di 8 anniGiuseppe Liccardo: 4 anni e 5 mesiMarco Liguori: 7 anni e 8 mesi (contro i precedenti 11 anni)Vincenzo Maglione: 4 anni e 5 mesiGianni Maisto: 8 anni e 4 mesi in continuazioneAntonio Miliardi: 7 anni e 4 mesiFortunato Murolo: 6 anni e 8 mesiAntonio Papa: conferma di 13 anni e 4 mesiGiuseppe Pellecchia: 8 anni e 4 mesiMichele Riso: 4 anni e 8 mesiSalvatore Roselli (pentito): 5 anni e 4 mesiAndrea Severino: 12 anni e 8 mesi in continuazioneNicola Schiavone: 6 anniGiuseppe Sinistro: conferma di 9 anni e 4 mesiRaffaele Tortora: 7 anni
    Il processo ha confermato che Marco Liguori è il nuovo boss del clan Amato-Pagano.La lista delle vittime contava, secondo gli inquirenti, circa 500 soggetti. LEGGI TUTTO

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    Allarme criminalità ad Arzano. Il Comitato anticamorra per la legalità chiede interventi immediati e duraturi

    “Si fa sempre più preoccupante la situazione ad Arzano dove, nelle ultime settimane, decine di attività commerciali sono state prese di mira con rapine e furti ed è necessario che lo Stato faccia sentire la sua voce, senza alcun tentennamento e, soprattutto, senza sottovalutare quel che sta succedendo”.
    A lanciare l’allarme il Comitato anticamorra per la legalità che invoca l’intervento del Prefetto “che deve accendere i riflettori su Arzano, una città che, nonostante gli arresti dei mesi scorsi, continua a essere sotto il controllo di vecchi e nuovi clan che vogliono imporsi e continuare a soffocare piccoli commercianti e imprenditori con le estorsioni”.
    “A dimostrare che non siano solo atti di ‘sbandati’ ci sono anche i furti portati a termine con azioni plateali con l’uso della tecnica dello sfondamento delle vetrine con auto usate come ‘arieti’ per entrare in negozi e rubare poche decine di euro” continuano i rappresentanti del Comitato per i quali “è evidente che si tratta di azioni che vogliono incutere paura nei commercianti più che portare a casa un bottino di poche decine di euro.
    Azioni propedeutiche al passaggio successivo in cui si proporrà la ‘protezione’ del clan pagando il pizzo”.
    “Arzano, come altre città dell’area metropolitana di Napoli, merita attenzione costante e continua e non si può e non si deve pensare che gli arresti che, di tanto in tanto, vengono fatti risolvano definitivamente la situazione perché restano le cause del disagio sociale ed economico che creano terreno fertile per la nascita di nuovi clan” sottolineano ribadendo “la necessità di repressione, ma anche di interventi di prevenzione del crimine incidendo soprattutto sul piano sociale ed economico”. LEGGI TUTTO

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    Catturato ad Alicante il Spagna il boss latitante Nicola Rullo

    Niente botti di Capodanno per Nicola Rullo, noto come “‘o nfamone”, il capo indiscusso del clan Contini, latitante da otto mesi.
    E’ stato catturato ieri sera ad Alicante, nel Sud-Est della Spagna, dove è stato arrestato dalle forze dell’ordine italiane con il supporto della polizia spagnola.
    Rullo, il capo del clan Contini, è ora detenuto in un carcere spagnolo in attesa di un’udienza riguardante la richiesta di estradizione presentata dalle autorità italiane. L’udienza è programmata per oggi, e secondo indiscrezioni riportate dal “Roma”, Rullo, difeso dall’avvocato Domenico Dello Iacono, sembra non opporsi alla richiesta di essere riconsegnato alle autorità giudiziarie italiane.
    Questo arresto segna la fine di una breve parentesi di libertà per Rullo, che era tornato in libertà a luglio dell’anno scorso dopo anni di detenzione. La sua liberazione era stata ottenuta grazie a un considerevole sconto di pena concesso dalla Corte d’appello di Napoli, in seguito alle argomentazioni difensive dell’avvocato Dello Iacono. Inizialmente condannato a dieci anni di reclusione, Rullo aveva visto la sua pena ridotta a soli due anni e otto mesi.
    Dopo il rilascio, Rullo aveva trascorso tre anni e mezzo in custodia cautelare, ma alla fine di ottobre dello scorso anno, quando gli è stata inflitta una pena aggiuntiva di quattro anni di reclusione, è fuggito. Si era trasferito nel basso Casertano prima di prendere la via della Spagna.
    La sua latitanza è giunta al termine quando i carabinieri, seguendo i movimenti di alcuni suoi parenti, sono riusciti a rintracciarlo e ad arrestarlo ieri sera. La storia di Rullo presenta analogie con un precedente arresto nel 2017, quando era stato catturato mentre attendeva la sentenza d’appello per estorsione aggravata, evadendo successivamente prima della conferma della condanna a dieci anni di reclusione. LEGGI TUTTO

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    Camorra, restiuiti alla famiglia Montescuro tutti i beni confiscati

    La Corte d’Appello di Napoli ha accolto l’appello proposto dai difensori di Luca Montescuro alias Enzuccio, figlio di Carmine detto o Menuzz, difeso dagli avvocati Immacolata Romano e Giuseppe Milazzo, nei cui confronti lo scorso mese di marzo gli agenti della Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali della Questura di Via Medina davano esecuzione ad un decreto di confisca di beni, emesso dal Tribunale di Napoli, per un valore di 500.000,00 euro.
    Già in primo grado i due difensori erano riusciti a far dissequestrare tre negozi, un deposito, diversi rapporti bancari e finanziari e due veicoli (una Mini Cooper ed una Fiat 500X), ottenendo anche l’inammissibilità per l’applicazione della sorveglianza speciale nei confronti di Luca Montescuro, in carcere dal 2008 ed attualmente in detenzione domiciliare, per essere stato ai vertici di un sodalizio che distribuiva droga proveniente dalla Spagna sul territorio campano e per aver partecipato a svariati assalti ai tir in autostrada.
    Oggi i giudici di secondo grado hanno accolto le argomentazioni delle difese, restituendo al pregiudicato anche i due appartamenti di sua proprietà, siti nel quartiere Sant’Erasmo, inizialmente confiscati su proposta della Questura e della Procura della Repubblica di Napoli. Il verdetto finale infatti ha dato ragione al figlio di o Menuzz ed ai suoi avvocati, restituendogli tutti i beni confiscati. LEGGI TUTTO

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    Clan Massaro: disposta per il boss Vincenzo Carfora la trascrizione delle intercettazioni

    Si è tenuta davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il processo a carico del boss Vincenzo Carfora, alias  O’ Cantante, 54 anni di Forchia e residente a San Felice a Cancello frazione Talanico.
    Il boss è imputato di associazione camorristica e di estorsioni aggravate dal metodo mafioso, difeso di fiducia dall’ avvocato Vittorio Fucci. In particolare a Carfora viene contestato l’ appartenenza al clan Massaro, come figura di vertice, e diverse estorsioni aggravate dal metodo mafioso, per fatti verificatasi tra la Valle Caudina, la Valle di Suessola.
    Il Carfora, come è noto, dopo una lunga battaglia giudiziaria, a seguito di varie istanze e ricorsi, tra Riesami e Cassazioni, proposte dal suo difensore di fiducia avvocato Vittorio Fucci, fu clamorosamente scarcerato nel 2019, mentre gli altri presunti appartenenti al clan rimasero in carcere e furono condannati.
    Successivamente il Carfora, tutt’ oggi a piede libero, è stato tradotto in giudizio davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che ha disposto la trascrizione delle intercettazioni telefoniche e ambientali che fanno parte del corredo probatorio del processo. Pertanto il Tribunale ha affidato l’ incarico per tale trascrizione al perito.
    Precedentemente il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a seguito di una seconda perizia, aveva deliberato la capacità di intendere e di volere del Carfora, assistito per quest’ atto da altro difensore. Il Tribunale ha rinviato il processo all‘ 11 aprile 2024. LEGGI TUTTO

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    Gratteri rivoluziona la Procura di Napoli: le nuove deleghe

    A cento giorni dall’arrivo a Napoli, il procuratore Nicola Gratteri ha rivoluzionato le deleghe per la guida degli uffici chiave della Procura.
    Il pool reati contro la pubblica amministrazione passa a Sergio Amato
    Il procuratore aggiunto Sergio Amato, che finora guidava il pool sicurezza urbana, si occuperà ora dei reati contro la pubblica amministrazione. Si tratta di una sorta di ritorno alle origini per Amato, che da pm ha svolto delicate indagini che hanno coinvolto colletti bianchi.
    Michele Del Prete torna a Napoli alla guida della Dda
    Michele Del Prete, per anni in forza all’anticamorra del Centro direzionale, torna a Napoli nella veste di procuratore aggiunto. Del Prete lascia la Procura nazionale antimafia per coordinare il pool dei clan radicati nel Casertano e nel Beneventano.
    Pierpaolo Filippelli si occupa di criminalità predatoria
    Pierpaolo Filippelli, che finora guidava il pool reati in materia di urbanistica, si occuperà di criminalità predatoria. Si tratta di un tema di grande attualità, a causa dell’aumento degli scippi e delle rapine che mettono quotidianamente al repentaglio la sicurezza urbana.
    Antonio Ricci alla guida del pool reati urbanistici
    La nuova entry è Antonio Ricci, che arriva dalla Procura di Vallo della Lucania. Ricci guiderà il pool reati urbanistici, che si occupa di gravi episodi di abusivismo che hanno violato il territorio napoletano. La “rivoluzione” della Procura di Napoli è stata anticipata da Il Mattino in edicola.
    La sfida del lavoro di squadra
    Le nuove deleghe sono state assegnate con l’obiettivo di rafforzare il lavoro di squadra all’interno della Procura di Napoli. Gratteri ha sottolineato più volte che non esistono sezioni di serie A e di serie B, ma che è importante creare un’anima comune che possa superare le rispettive specializzazioni.
    La lotta alla camorra
    Gratteri ha anche ribadito la sua determinazione nella lotta alla camorra. In una recente riunione con i vertici della Curia, il magistrato calabrese ha spiegato che alcuni reati “non si combattono solo sfogliando il codice, ma anche e soprattutto facendo leva sul sentimento, sul trasporto del proprio cuore, per proiettare il proprio lavoro a difesa del territorio e delle esigenze di giustizia dell’intera collettività”. LEGGI TUTTO

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    Camorra, la lettera-testamento di Marcello Torre consegnata all’Anci

    Pagani. La lettera-testamento di Marcello Torre, il primo cittadino di Pagani ucciso dalla camorra l’11 dicembre del 1980, è stata consegnata alla figlia Annamaria e ad Agnese Moro, figlia di Aldo, al presidente nazionale di Avviso pubblico, Roberto Monta’, e al vicepresidente di Anci Campania, Antonio Del Giudice.La cerimonia si è svolta nell’aula del Consiglio regionale della Campania, in occasione di una giornata di riflessione per ricordare la figura del “sindaco gentile”, che fu assassinato dopo aver respinto le richieste del malaffare nel post terremoto dell’Irpinia.
    Annamaria Torre ha ringraziato tutti coloro che si sono impegnati per la memoria del padre e per la lotta alla camorra. “Sono grata alla Fondazione Polis, a Libera, ad Avviso Pubblico, all’Anci”, ha detto. “Abbiamo lottato tanto, ma sul mio percorso ho trovato don Tonino Palmese, don Luigi Ciotti, il Coordinamento dei familiari delle vittime innocenti e abbiamo vissuto tante battaglie di riconoscimento e di giustizia insieme”.
    Agnese Moro ha ricordato come le vite di Aldo e Marcello Torre siano state segnate dalla violenza della camorra. “Nelle loro vite si sono visti gli effetti delle scorie radioattive dell’irreparabile”, ha detto. “C’è una vicinanza spirituale tra Aldo e Marcello. Di loro è stato detto che sono stati uomini dello Stato, ma secondo me loro sono stati uomini della Repubblica, nel senso più forte che la parola Repubblica ha nella nostra Costituzione, cioè di un luogo di responsabilità comune tra chi ha dei ruoli pubblici e chi non li ha”.
    Il presidente della Fondazione Polis della Regione Campania, don Tonino Palmese, ha invitato tutti a ricordare che la Campania è la regione italiana con il maggior numero di vittime innocenti, uccise perché avevano fatto qualcosa, perché erano cittadini onesti.
    Ad aprire la discussione il presidente del Consiglio regionale, Gennaro Oliviero, che ha rimarcato l’importanza di diffondere l’impegno di Marcello Torre, affinchè “il suo sacrificio non sia dimenticato. In questi tempi, in cui nuove ombre si scagliano sul fronte criminale, il sindaco gentile ci ricorda che, per chi è impegnato nella pubblica amministrazione, dai più alti ai più bassi gradi, non può esistere il compromesso”.
    Del Giudice, delegato dal presidente nazionale dell’Anci per partecipare all’iniziativa, ha fatto notare che “sindaci si rimane per tutta la vita, perché solo chi ha potuto dedicarsi a questo ruolo e rappresentare la propria comunità, può capire che sia il momento più importante della vita di un uomo”.
    La lettera-testamento di Marcello Torre
    Nella lettera-testamento, scritta nel 1980, Marcello Torre annuncia il suo ritorno all’impegno politico e ammette di temere per la propria vita.
    “Ho deciso di tornare in politica – scrive Torre – perché credo che sia necessario continuare a lottare contro la camorra e per la legalità. So che questo mi espone a gravi rischi, ma sono disposto a tutto pur di difendere i valori in cui credo”.
    Torre parla anche della sua esperienza come sindaco di Pagani. “Sono stato un sindaco scomodo – scrive – perché ho sempre rifiutato di piegarmi alle richieste del malaffare. Questo mi ha portato a scontrarmi con la camorra, che mi ha minacciato più volte”.
    “Ma non mi arrendo – conclude Torre – Continuerò a lottare per un mondo migliore, in cui la legalità e la giustizia prevalgano sulla violenza e la sopraffazione”.
    Un impegno politico per la libertà
    La lettera-testamento di Marcello Torre è un documento importante, che testimonia l’impegno politico e civile di un uomo che ha sacrificato la propria vita per la libertà.
    La sua storia è un monito per tutti coloro che credono nella democrazia e nella legalità. LEGGI TUTTO